Omelia di card. Pietro Parolin ordinazione sacerdotale di 36 Legionari di Cristo (Italiano)

OMELIA DI CARD. PIETRO PAROLIN
ORDINAZIONE SACERDOTALE DI 36 LEGIONARI DI CRISTO
San Giovanni in Laterano
10 dicembre 2016

Testo pronunciato in italiano

Cari fratelli e sorelle,

Il cammino che ha portato qui oggi questi ordinandi, provenienti da diversi Paesi – Argentina, Brasile, Cile, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Messico, Polonia, Stati Uniti, Venezuela – ha una sola origine: il fatto di essere cercatori di Dio, di essersi lasciati sedurre da lui, come il profeta Geremia, che diceva: “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso” (20,7); il fatto di essersi lasciati afferrare da Gesù Cristo, come l’Apostolo Paolo (cfr. Fil. 3,12); il fatto di aver voluto porre il Cristo al primo posto nella loro vita, come esortava San Benedetto nella sua Regola: “Nihil amori Christi praeponere, Nulla anteporre all’amore di Cristo” (IV, 21).
Siamo grati al Signore che li ha chiamati, come anche a quanti li hanno aiutato a giungere a questo passo: le loro famiglie e le comunità parrocchiali di origine, e l’Istituto religioso dei Legionari di Cristo, segnatamente i formatori.
Mi è caro ricordarli tutti e salutare con gratitudine i presenti: i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli che con la loro presenza rendono solenne e gioiosa la nostra celebrazione.
Cari ordinandi, voi siete consacrati al Signore per essere missionari del Vangelo tra la gente. È lo Spirito Santo che, per mezzo dell’imposizioni delle mani e dell’unzione, vi abilita al servizio come ministri del Signore in mezzo al popolo di Dio, perché ogni credente possa incontrare Cristo attraverso l’annuncio della Parola che salva, attraverso la celebrazione dei Sacramenti, che sono i segni efficaci della sua presenza, che ci trasforma e ci santifica, e attraverso quella carità pastorale che deve animare ogni istante della vostra vita, come scriveva San Giovanni Paolo II nella Pastores Dabo Vobis: “Il principio interiore, la virtù che anima e guida la vita del presbitero in quanto configurato a Cristo Capo e Pastore è la carità pastorale … quella virtù con la quale noi imitiamo Cristo nella sua donazione di sé e nel suo servizio. Non è soltanto quello che facciamo, ma il dono di noi stessi, che mostra l’amore di Cristo per il suo gregge” (n. 23).
Le parole con le quali il profeta Isaia esprime la coscienza della sua missione, trovano ora una particolare attuazione per voi: “Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (61,1), così abbiamo ascoltato nella prima lettura. Il vero protagonista dell’azione che stiamo compiendo è lo Spirito del Signore, che tra poco vi consacrerà con un’unzione intima e ineffabile, perché diventiate strumento vivo dell’unico Pastore, perché possiate essere resi partecipi, in modo singolare, del sacerdozio di Cristo, e agire in suo nome. È Dio che vi consacra con la sua unzione, è Dio che vi manda, “a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (ibid), a essere segno trasparente del suo amore fedele e misericordioso, che mai si stanca di cercare ogni suo figlio, che mai si arrende di fronte all’indifferenza e alla chiusura dei cuori smarriti e confusi.

Nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei, abbiamo ascoltato: “Il sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito nelle cose che riguardano Dio” (5, 1). L’Autore sacro sottolinea la comunanza di natura del sacerdote con gli altri uomini, accentuando il fine della sua missione: egli è a servizio degli altri, deve quindi donarsi completamente per i fratelli. Ma tutto questo in una fondamentale prospettiva spirituale e soprannaturale: ciò deve avvenire nell’ambito del “religioso”.
Cari ordinandi, la vostra sarà una vita non di rifiuto o di evasione dal mondo, ma di serena incarnazione nella storia, per far vivere a quanti incontrerete la dimensione religiosa, cioè il rapporto con Dio, che è ineliminabile dall’esistenza umana. In questa azione apostolica occorre, tuttavia, rifuggire la mentalità del mondo.
Come ben sappiamo, è questo un pericolo da cui ci mette continuamente in guardia Papa Francesco, che parla della “mondanità spirituale” come del “rischio più grave che corre la Chiesa”, anzi una “catastrofe per la Chiesa”. Nel 1953, nel suo libro “Meditazioni sulla Chiesa”, il confratello gesuita del Papa, il Card. Henri de Lubac, anticipava il tema della mondanità spirituale definendola “il pericolo più grande per la Chiesa – per noi che siamo Chiesa – la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce, insidiosamente, allorchè tutte le altre sono vinte, alimentata anzi da queste vittorie”.
Per questo Gesù, come ci ha ricordato la pagina evangelica, non ha pregato per il mondo, ma per i suoi discepoli, perché il Padre li custodisse dal maligno ed essi fossero liberi e diversi dal mondo, pur vivendo nel mondo (cfr. Gv 17,9.15). In quel momento, al termine dell’Ultima Cena, Gesù ha elevato al Padre la preghiera di consacrazione per gli apostoli e per tutti i sacerdoti di ogni tempo, quando ha detto: “Consacrali nella verità” (Gv 17,17). E ha aggiunto: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (v. 19). Diventare sacerdoti, nella Chiesa, significa entrare in questa auto-donazione di Cristo, mediante il Sacramento dell’Ordine, ed entrarvi con tutto se stessi. Gesù ha dato la vita per tutti, ma in modo particolare si è consacrato per quelli che il Padre gli aveva dato, perché fossero consacrati nella verità, cioè in Lui, e potessero parlare ed agire in nome suo, rappresentarlo, prolungare i suoi gesti salvifici: spezzare il Pane della vita e rimettere i peccati. Così, il Buon Pastore ha offerto la sua vita per tutte le pecore, ma l’ha donata e la dona in modo speciale a quelle che Egli stesso, con amore di predilezione, ha chiamato e chiama a seguirlo nella via del ministero pastorale.
Celebrando l’Eucaristia siete aiutati dalla grazia dello Spirito Santo a gustare la gioia di essere amati da Cristo. Sia dunque la vostra vita conformata a Cristo sacerdote, missionario del Padre; il Signore infatti vi ha ricercati e amati per portarvi ad offrire la vostra vita a Lui e ai fratelli. La vostra ordinazione vi pone di fronte a tanti fratelli e sorelle, già appartenenti alla comunità ecclesiale o sinceramente in ricerca di Dio, con la persuasione di recare loro la luce di Cristo, la notizia cioè del suo essere venuto a cercare noi con gesti di generosità senza pari, con una delicatezza d’amore che non conosce paragoni. Vi auguro di mostrare a tutti quella umiltà e semplicità che Cristo ha vissuto per conquistare la nostra fiducia e per salvarci.
La Vergine Maria che ha cantato nella sua preghiera la grandezza dell’umiltà, vi renda umili e riconoscenti come Lei ha saputo essere, così da divenire sempre di più collaboratori del manifestarsi dell’amore e della verità che, come luce attraente, sono recate al mondo nell’umiltà del suo Figlio.
Vi accompagnino i Santi la cui devozione è particolarmente viva nei vostri rispettivi Paesi. Chiediamo la loro intercessione perché lo Spirito Santo, che viene effuso con abbondanza su di voi, si ridondi sull’intera Famiglia dei Legionari di Cristo, affinché ciascuno sia fedele alla propria chiamata e al proprio ministero. Che l’intera Congregazione continui a camminare con generosità e coraggio sulle vie del rinnovamento e dell’autenticità evangelica, seguendo le linee tracciate grazie anche a l’opera di accompagnamento della Santa Sede per la maggiore gloria de Dio, per il servizio della Chiesa e per la salvezza del mondo. Così sia.

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