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Bolla di convocazione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025: «La speranza non delude»

Pubblicato il 27 Maggio, 2024
Notizie, Santo Padre

Il Papa ha consegnato «Spes non confundit», la bolla di convocazione dell’Anno Santo 2025, nella quale fa un appello a favore dei detenuti, degli emigranti, dei malati, degli anziani e dei giovani prigionieri della droga e delle prevaricazioni.

 

Spes non confundit

BULA DI CONVOCAZIONE
DEL GIUBILEO ORDINARIO
DEL 2025

FRANCESCO

Vescovo di Roma
Servo dei Servi di Dio
a tutti coloro che leggeranno questa lettera, che la speranza colmi il loro cuore


 

 

1. «Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5). Sotto il segno della speranza l’apostolo Paolo infondeva coraggio alla comunità cristiana di Roma. La speranza costituisce anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo una antica tradizione il Papa convoca ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che arriveranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo venire nella città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Che possa essere per tutti un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, «porta» di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha il compito di annunciare sempre, ovunque e a tutti come «nostra speranza» (1 Tm 1,1).

Tutti aspettano. Nel cuore di ogni persona alberga la speranza come desiderio e aspettativa del bene, anche ignorando ciò che il domani porterà con sé. Tuttavia, l’imprevedibilità del futuro fa emergere sentimenti spesso contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo scoraggiamento, dalla certezza al dubbio. Troviamo frequentemente persone scoraggiate, che guardano al futuro con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Che il Giubileo sia per tutti occasione di riaccendere la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovare le sue ragioni. Lasciamoci guidare da ciò che scriveva appositamente l’apostolo Paolo ai cristiani di Roma.

Una Parola di speranza

2. «Justificati, dunque, per mezzo della fede, siamo in pace con Dio, per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo. Per lui abbiamo ottenuto, mediante la fede, la grazia in cui siamo saldamente radicati, e per lui ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. […] E la speranza non resterà delusa, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,1-2.5). I punti di riflessione che san Paolo ci propone sono molteplici. Sappiamo che la Lettera ai Romani segna un passo decisivo nella sua attività di evangelizzazione. Fino a quel momento l’aveva svolta nell’area orientale dell’Impero e ora la attende Roma, con tutto ciò che essa rappresenta agli occhi del mondo: una grande sfida, che deve affrontare in nome dell’annuncio del Vangelo, che non conosce barriere né confini. La Chiesa di Roma non era stata fondata da Paolo, ma egli sentiva vivo il desiderio di arrivarvi presto per portare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo, morto e risorto, come annuncio di speranza che realizza le promesse, conduce alla gloria e, fondata sull’amore, non delude.

3. La speranza nasce effettivamente dall’amore e si fonda sull’amore che sgorga dal Cuore di Gesù trafitto in croce: «Poiché, essendo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figlio, molto di più ora che siamo stati riconciliati, saremo salvati per la sua vita» (Rm 5,10). E la sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo; si sviluppa nell’obbedienza alla grazia di Dio e, quindi, è animata dalla speranza, che si rinnova sempre e si rende incrollabile grazie all’azione dello Spirito Santo.

In effetti, lo Spirito Santo, con la sua presenza perenne nel cammino della Chiesa, è colui che irradia nei credenti la luce della speranza. Egli la mantiene accesa come una fiamma che non si spegne mai, per sostenere e rafforzare la nostra vita. La speranza cristiana, infatti, non inganna né delude, perché si fonda sulla certezza che nulla e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: «Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Le tribolazioni, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, i pericoli, la spada? […] Ma in tutte queste cose otteniamo una vittoria abbondante, grazie a colui che ci ha amati. Perché sono certo che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né futuro, né poteri spirituali, né altezza né profondità, né altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, manifestato in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35.37-39). Ecco perché questa speranza non cede di fronte alle difficoltà: perché si fonda sulla fede e si alimenta della carità, e in questo modo rende possibile andare avanti nella vita. San Agostino scrive a questo proposito: «Nessuno, infatti, vive in qualsiasi genere di vita senza queste tre disposizioni dell’anima: credere, sperare, amare».[1]

4. San Paolo è molto realistico. Sa che la vita è fatta di gioie e dolori, che l’amore si mette alla prova quando aumentano le difficoltà e la speranza sembra crollare di fronte alla sofferenza. Con tutto, scrive: «Ma più ancora, ci vantiamo anche delle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la perseveranza; la perseveranza, l’uomo provato; l’uomo provato, la speranza» (Rm 5,3-4). Per l’Apostolo, la tribolazione e la sofferenza sono le condizioni proprie di coloro che annunciano il Vangelo in contesti di incomprensione e persecuzione (cfr. 2 Cor 6,3-10). Ma in tali situazioni, nel mezzo dell’oscurità si percepisce una luce; si scopre come ciò che sostiene l’evangelizzazione è la forza che sgorga dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. E ciò porta a sviluppare una virtù strettamente collegata alla speranza: la pazienza. Siamo abituati a voler tutto e subito, in un mondo in cui la fretta è diventata una costante. Ormai non si ha più tempo per incontrarsi, e spesso anche nelle famiglie diventa difficile riunirsi e conversare con tranquillità. La pazienza è stata relegata dalla fretta, causando un grave danno alle persone. Infatti, al suo posto si affacciano l’intolleranza, la nervosità e talvolta la violenza gratuita, che provocano insoddisfazione e chiusura.

Allo stesso modo, nell’epoca di internet, dove lo spazio e il tempo sono sostituiti dal “qui e ora”, la pazienza risulta estranea. Se anche fossimo ancora capaci di contemplare la creazione con stupore, capiremo quanto sia essenziale la pazienza. Attendere il susseguirsi delle stagioni con i loro frutti; osservare la vita degli animali e i cicli del loro sviluppo; avere gli occhi semplici di san Francesco che, nel suo Cantico delle creature, scritto 800 anni fa, vedeva la creazione come una grande famiglia e chiamava il sole “fratello” e la luna “sorella”[2]. Riscoprire la pazienza fa molto bene a sé stessi e agli altri. San Paolo ricorre frequentemente alla pazienza per sottolineare l’importanza della perseveranza e della fiducia in ciò che Dio ci ha promesso, ma soprattutto testimonia che Dio è paziente con noi, perché è «il Dio della costanza e della consolazione» (Rm 15,5). La pazienza, che è anche frutto dello Spirito Santo, mantiene viva la speranza e la rafforza come virtù e stile di vita. Perciò, impariamo a chiedere con frequenza la grazia della pazienza, che è figlia della speranza e la sostiene allo stesso tempo.

Un cammino di speranza

5. Questa trama di speranza e pazienza mostra chiaramente come la vita cristiana sia un cammino, che ha anche bisogno di momenti forti per alimentare e rafforzare la speranza, compagna insostituibile che permette di intravedere il traguardo: l’incontro con il Signore Gesù. Mi piace pensare che sia stato proprio un itinerario di grazia, animato dalla spiritualità popolare, a precedere la convocazione del primo Giubileo nel 1300. Infatti, non possiamo dimenticare le diverse forme attraverso le quali la grazia del perdono è stata riversata con abbondanza sul santo Popolo fedele di Dio. Ricordiamo, ad esempio, il grande “perdono” che san Celestino V volle concedere a quanti si dirigevano alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, ad L’Aquila, durante i giorni 28 e 29 agosto 1294, sei anni prima che il Papa Bonifacio VIII istituisse l’Anno Santo. Così, la Chiesa già sperimentava la grazia giubilare della misericordia. E ancor prima, nel 1216, il Papa Onorio III aveva accolto la supplica di san Francesco che chiedeva l’indulgenza per quanti si fossero recati a visitare la Porziuncola durante i primi due giorni di agosto. Lo stesso si può affermare per il pellegrinaggio a Santiago de Compostela; infatti, il Papa Callisto II, nel 1122, concesse che si celebrasse il Giubileo in quel Santuario ogni volta che la festa dell’apostolo Santiago coincidesse con la domenica. È bene che questa modalità “estesa” di celebrazioni giubilari continui, affinché la forza del perdono di Dio sostenga e accompagni il cammino delle comunità e delle persone.

Non è casuale che la peregrinazione esprima un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è un gesto tipico di chi cerca il senso della vita. La peregrinazione a piedi favorisce molto il riscoprire il valore del silenzio, dello sforzo, di ciò che è essenziale. Anche l’anno prossimo i pellegrini di speranza percorreranno sentieri antichi e moderni per vivere intensamente l’esperienza giubilare. Inoltre, nella stessa città di Roma ci saranno altri itinerari di fede che si aggiungeranno a quelli già tradizionali delle catacombe e delle sette chiese. Attraversare da un paese all’altro, come se si superassero le frontiere, passare da una città all’altra nella contemplazione della creazione e delle opere d’arte permetterà di accumulare esperienze e culture diverse, per conservare dentro di sé la bellezza che, armonizzata dalla preghiera, conduce a ringraziare Dio per le meraviglie che Egli compie. Le chiese giubilari, lungo gli itinerari e nella stessa Urbe, potranno essere oasi di spiritualità in cui rivitalizzare il cammino della fede e bere alle sorgenti della speranza, soprattutto avvicinandosi al sacramento della Riconciliazione, punto di partenza insostituibile per un vero cammino di conversione. Che nelle Chiese particolari si curi in modo speciale la preparazione dei sacerdoti e dei fedeli per le confessioni e l’accesso al sacramento nella sua forma individuale.

Ai fedeli delle Chiese orientali, in particolare a quelli che sono già in piena comunione con il Successore di Pietro, voglio rivolgere un invito particolare a questa peregrinazione. Essi, che hanno sofferto tanto per la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa, molte volte fino alla morte, devono sentirsi particolarmente benvenuti in questa Roma che è Madre anche per loro e che custodisce tante memorie della loro presenza. La Chiesa cattolica, arricchita dalle sue liturgie antichissime, dalla teologia e dalla spiritualità dei Padri, monaci e teologi, vuole esprimere simbolicamente l’accoglienza a loro e ai loro fratelli e sorelle ortodossi, in un’epoca in cui già stanno vivendo la peregrinazione del Via Crucis; con la quale sono spesso costretti a lasciare le loro terre d’origine, le terre sante, da cui la violenza e l’instabilità li espellono verso paesi più sicuri. Per loro, l’esperienza di essere amati dalla Chiesa — che non li abbandonerà, ma li seguirà ovunque vadano — rende ancora più forte il segno del Giubileo.

6. L’Anno Santo 2025 è in continuità con gli eventi di grazia precedenti. Nell’ultimo Giubileo ordinario si è varcato il confine dei duemila anni dalla nascita di Gesù Cristo. Poi, il 13 marzo 2015, ho convocato un Giubileo straordinario con lo scopo di manifestare e facilitare l’incontro con il «Volto della misericordia» di Dio[3], annuncio centrale del Vangelo per tutte le persone di ogni tempo. Ora è giunto il momento di un nuovo Giubileo, per spalancare di nuovo la Porta Santa e offrire l’esperienza viva dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo. Contemporaneamente, questo Anno Santo indirizzerà il cammino verso un altro anniversario fondamentale per tutti i cristiani: nel 2033 si celebreranno i duemila anni della Redenzione compiuta attraverso la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. Ci troviamo così di fronte a un itinerario segnato da grandi tappe, nelle quali la grazia di Dio precede e accompagna il popolo che cammina entusiasta nella fede, diligente nella carità e perseverante nella speranza (cfr. 1 Ts 1,3).

Sostenuto da questa lunga tradizione e con la certezza che questo Anno giubilare sarà per tutta la Chiesa un’intensa esperienza di grazia e di speranza, dispongo che la Porta Santa della Basilica di

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